Ricorrenze (ieri e oggi)

Trent’anni fa, nel 1991, scoppiò la prima guerra del Golfo, in reazione all’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein.

Non essendo più abituati all’idea di “entrare in guerra” contro qualcuno, ricordo che gli italiani all’epoca corsero ad affollare i supermercati e fecero incetta di beni di prima necessità, pensando che avrebbero dovuto subire chissà quali privazioni a causa del conflitto.

Era scattato in molti di loro una specie di “ricordo ancestrale”, forse fatto di immagini di rifugi antiaerei, gente che fa la fila per il pane, bombardamenti e chissà che cos’altro…

Dico “loro”, perché la mia famiglia (come altre, del resto) non aderì al panico collettivo e rimase invece perplessa davanti alla reazione generale all’idea di “una guerra alle porte”.

Fortunatamente la paura si rivelò poi eccessiva: le bombe cadevano altrove, in ogni caso molto lontano da noi; l’angoscia però rimase nell’aria e negli animi, tanto che si guardavano continuamente i telegiornali – che avevano moltiplicato le loro edizioni – per essere aggiornati sugli sviluppi della guerra, che sembrava svolgersi quasi in diretta, regalando (si fa per dire) immagini terribili sebbene “spettacolari” di bombardamenti sullo sfondo di un cielo multicolore.

Ho scritto “fortunatamente”, ma chi subì la violenza della guerra, e non si limitò come noi a contemplarla attraverso uno schermo televisivo, non si poté certo dire “fortunato”. Il dolore della gente irakena lo intuivamo, ma non potevamo “vederlo” come vedevamo invece – a colori in TV – il cielo martoriato dalle incursioni aeree.

In ogni caso fu un momento di crisi non solo per il Vicino e Medio Oriente, ma anche per l’Occidente: stavamo assistendo a qualcosa che scuoteva l’idea di “cambiamento pacifico e gioioso” del mondo al quale molti avevano pensato all’epoca della caduta del Muro, solo due anni prima. Scendemmo a manifestare in piazza, per la pace (come non sarebbe più successo, dopo gli anni Novanta); la logica del conflitto armato ci sembrava vecchia, superata, inaccettabile, nonostante tutte le “buoni ragioni” per “dare una lezione all’Irak”, addotte dai governi e dall’ONU.

Ricordo ancora l’indignazione e insieme il senso di frustrazione che provai la mattina del giorno di gennaio in cui cominciò l’attacco all’Irak. Girai per le strade, per allentare la tensione che provavo; osservavo l’apparente normalità della vita nelle nostre città e a tratti mi sembrava assurda, in confronto a ciò che stava accadendo in quello stesso momento in una regione del mondo così vicina a noi.

Trent’anni dopo viviamo un’altra emergenza, che però ci ha costretto a sospendere quella “normalità” che allora invece – nonostante le paure della vigilia – riuscimmo a conservare.

Stavolta alla vigilia non abbiamo sospettato nulla, e la chiusura, la sospensione, il congelamento delle nostre abitudini, è una cosa che ci è capitata l’anno scorso tra capo e collo e ci ha stordito perché eravamo letteralmente impreparati ad accoglierla.

E abbiamo fatto di nuovo la fila ai supermercati, ma questa volta senza avere altra scelta.

Eppure pensavamo di avere superato tutto, dopo la fine della guerra del 1991; tanto che la “seconda guerra del Golfo”, nel 2003 (alla quale peraltro l’Italia partecipò in un ruolo più defilato), non suscitò in noi altrettanta agitazione.

Pensavamo forse che la “buona stella” dell’Europa e dell’Occidente potesse/dovesse ormai risparmiarci ogni sofferenza collettiva (dopo lo scampato pericolo del 1991); e invece nessuna struttura umana è solida abbastanza da non poter essere sfidata, sorpresa e talvolta messa in crisi.


Ma parlando del 1991 mi sono venute in mente altre “ricorrenze”.

Il 1981, per esempio; quell’anno l’Italia attraversò una crisi politica sconvolgente, che scaturì dalla scoperta delle liste della loggia P2. Quasi tutte le forze politiche allora esistenti vennero scosse dagli effetti dello scandalo, che indubbiamente è stato uno dei più grandi della storia repubblicana, e tutto il sistema politico a tratti sembrò in procinto di crollare: la sua credibilità rischiava di ridursi quasi a zero.

Una delle conseguenze tangibili fu la riduzione, se non la fine, del ruolo dominante della DC, allora partito di maggioranza relativa, che si concretizzò nella nomina di Giovanni Spadolini a Presidente del Consiglio, il primo non democristiano dopo 36 anni. Per l’epoca sembrò un segnale “rivoluzionario”.

(Oggi può sembrarci eccessiva tale qualifica, ma in un sistema politico poco “mobile”, se non bloccato, quale appariva quello dell’Italia di allora, anche il passaggio di consegne alla guida del governo da un democristiano a un laico appariva una novità “spiazzante”, carica di significato.)

Credo che la ricorrenza dei quarant’anni dalla vicenda P2 stia passando, e passerà, in sordina, presi come siamo dalle preoccupazioni del presente. Eppure allora non si parlò d’altro per mesi e mesi, sui giornali, ma anche nei bar (sport a parte)… L’aria di crisi sembrava attraversare il Paese e ci si chiedeva se il sistema avrebbe retto (e c’era la paura dei “comunisti alle porte”, che avrebbero potuto approfittare dell’indebolimento dei partiti di governo).

Poi tutto rientrò, anche se non tutto tornò ad essere come prima.


Un’altra ricorrenza importante è il ventennale del 2001. E’ stato l’anno del “G8 di Genova”, per noi, e per il mondo intero l’anno dell’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono.

Indubbiamente quindi è stato un anno che ci ha aperto gli occhi sui contrasti e sui conflitti che continuavano a esserci, e anzi si acuivano, pur dopo la fine della cosiddetta Guerra Fredda.

E’ già ormai la nostra epoca, c’era già Internet (già potente, anche se meno “smart” di oggi), eppure sono passati vent’anni, che sono apparsi quanto mai “rapidissimi”, e le certezze politiche di quel momento sembrano già tramontate (Bush jr. e Blair sembrano preistoria, ormai).

Il sistema politico non dette risposte adeguate ai problemi che movimenti come quello altermondialista allora ponevano (e che erano reali, come le crisi economiche di poco successive hanno in parte mostrato); l’affacciarsi del “nuovo terrorismo” globale rese d’altra parte più precarie le certezze del “mondo senza confini” e senza distanze che da tempo veniva celebrato ed esaltato (da parte degli alfieri della “globalizzazione come destino” e come opportunità).

Dunque anche nel 2001, specie dopo l’11 settembre, abbiamo sentito il peso di una paura diffusa; il terrorismo sembrava renderci vulnerabili, bersagli potenziali ovunque raggiungibili, ma non pensavamo ad altre minacce, come quella che ci ha colpito nel 2020-2021, dopo che anche l’incubo nucleare sembrava archiviato.

Tutto passa, invece, e la paura del terrorismo oggi – benché la minaccia resti potenzialmente seria – è relegata in secondo piano, avendo lasciato il posto alla paura del contagio.


E che dire del 2011? In quell’anno fra l’altro ci sono state le “primavere arabe”, l’inizio della guerra civile in Siria e in Libia, la fine di Gheddafi; e da noi il declino della “stella” del leader di Forza Italia (e del PDL: chi lo ricorda più?), Berlusconi, che ha segnato di fatto la fine di una fase politica (se non di un’era).

E ora – per dirla con alcuni poeti – tutto questo dov’è? dov’è andato? Di tutte le previsioni che nel 2011 si tracciavano sull’andamento della politica nazionale e internazionale, cosa rimane? Lo scenario è cambiato in modi così imprevedibili che – prima ancora che potessimo abituarci alle trasformazioni che si stavano determinando – ne sono intervenute altre, repentine, che hanno spiazzato ogni progetto, ogni speranza e perfino ogni “logica”.

Soltanto dieci anni sono passati da allora, ma sembrano molti di più, nella percezione che la memoria collettiva ne ha, poiché i cambiamenti sono ormai rapidi, gli eventi hanno subìto un’accelerazione che rende irrimediabilmente sorpassati le certezze, le preoccupazioni, i moniti e i propositi anche solo di tre o quattro anni fa. Un decennio sembra quindi un’intera vita…!

In queste condizioni – viene a volte da pensare – che certezze possiamo avere? Tutto si disfa, tutto si dissipa prima che noi possiamo avere il tempo (e la lucidità) di dare risposte.

D’altra parte, fra tutte le previsioni che si facevano un decennio fa, o anche più, nessuna – almeno tra quelle più accreditate dai media e dal dibattito politico “mainstream” – arrivò a ipotizzare lo stallo che il mondo “globalizzato” avrebbe vissuto nel 2020-2021 per non aver saputo arginare e poi affrontare una pandemia.

Ci balocchiamo con ipotesi di futuro peregrine e oziose, o anche con scenari raffinati che riteniamo “autorevoli” o importanti (e che magari sono elaborati con ammirevole impegno), e poi la realtà, le dinamiche umane e sociali, il decorso degli eventi naturali, ci sorprendono sempre.

A cosa ci serve azionare i nostri sviluppatissimi processori, affaticarli con algoritmi (conquista “potente” dell’ingegno umano, in effetti), se poi la tempesta ci coglie sempre sgomenti e sguarniti?

Dovremmo forse saper trarre una lezione, da questi anni “lunghissimi” della pandemia; a mio modesto avviso ha a che vedere soprattutto con qualcosa che gli antichi chiamavano hybris.

Lascia un commento

Rosario Galatioto

Chi legge non è solo

Laura Berardi

La vita è un uragano di emozioni

Giacomo Verri Libri

il blog di chi ama i libri e la buona musica

I piaceri della lettura

Leggere è come vivere decine e decine di altre vite

Cultura e dintorni

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

"...e poi Letteratura e Politica"

"A volte di coppie non si può parlare, ma d'amore sì, altre volte di coppie sì, ma non d'amore, ed è il caso più ordinario", p. 1386, R. Musil, 'L'uomo senza qualità'

Pensierini della buonanotte

Riflessioni letterarie, filosofiche e altro

lementelettriche

Just another WordPress.com site

Specularia

Riflettere l'immaginario

NEUTOPIA

Rivista Del Possibile

Luciana Amato

Parole e disincanto

IL CLUB DEL SAPERE FILOSOFICO

«La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.» (Antonio Tabucchi)

L'amica dei libri

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

Café Littéraire Da Muriomu

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

Dianora Tinti

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

LIBRICHEPASSIONE.it

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

PIEGO DI LIBRI BLOG

Osservazioni e confronti, per tempi di perplessità

Hanabi Recensioni

"I libri sono come fuochi d′artificio"

◦ ღ ☼ Elena e Laura ☼ ღ ◦

Due sorelle e una stanza di libri

I consigli librosi di Maria

Recensione delle ultime novità in libreria. Libri, ebook e nuove letture. Recensioni e interviste

[PA] Poesie Aeree

micro giornale letterario

Del Furore....

Libri e recensioni

Lilly from the Valley

Life is poetry when we are at peace with ourselves

SOLCHI

Quando verrai, o dio dei ritorni, mi coprirò di rugiada e forse morirò per ogni possibile resurrezione

STRAVAGARIA

Dettagli per Passione

Il giardino che attende

Scrittura, letteratura, musica: blog di Ivan Scarcelli

POLINVERSI OLTRE

Letteratura, poesia, arte

L'Incendiario

Blog culturale di letteratura: nell'incendio resistiamo alla cultura del vuoto. Per collaborare con noi: redazione.incendiario@gmail.com

©STORIE SELVATICHE

C'ERA UNA VOLTA, UNA STORIA SELVATICA...

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora